Istituito nel 1916 e inaugurato nel 1924, è collocato all’interno del quattrocentesco Palazzo Vitelleschi, importante monumento del primo rinascimento laziale.
Il Museo accoglie due storiche collezioni ottocentesche, la Raccolta Comunale e la collezione privata dei conti Bruschi-Falgari. In seguito è andato arricchendosi con i materiali provenienti dagli scavi condotti su tutto il territorio tarquiniese, dall’acropoli alle necropoli circostanti al porto di Gravisca.
Il percorso espositivo si sviluppa in più aree tematiche, abbracciando un arco cronologico che va dall’età del Ferro (IX sec. a C.) all’epoca romana: la scultura monumentale e funeraria, i corredi funerari e la ceramica locale, la ceramica importata e di imitazione dal periodo geometrico a quello ellenistico, l’abitato. Le sale ospitano, inoltre, la ricostruzione fedele di alcuni contesti funerari quali la tomba a camera dei Versna e le tombe dipinte del Triclinio, delle Bighe, delle Olimpiadi e della Nave.
Tra i numerosi materiali esposti, la produzione ceramica locale trova attestazione nella fase antica con le urne cinerarie del periodo Villanoviano (IX sec. a.C.), dei tipi a vaso biconico oppure a capanna, e il fantasioso vasellame coevo.
Seguono i corredi da mensa del periodo orientalizzante (VIII-VII sec. a.C.) con ceramiche, anche di grandi dimensioni, a decorazione geometrica e numerosi vasi in bucchero. Il colore nero lucido di quest’ultima produzione, tipicamente etrusca, era ottenuto tramite un complesso processo di cottura in ossido-riduzione, atto a conferire agli oggetti un aspetto simile a metallo. La sequenza cronologica mostra il passaggio dai buccheri sottili a quelli pesanti con elaborate decorazioni in rilievo.
L’età arcaica (VI-V sec. a.C.) evidenzia una massiccia importazione di raffinate ceramiche dipinte e figurate di produzione Corinzia e Attica, il cui stile influenza fortemente il lavoro delle botteghe etrusche.
Nella fase ellenistica (IV-II sec. a.C.), invece, si assiste al riemergere di importanti produzioni ceramiche locali. Degni di nota i sarcofagi in terracotta, realizzati con l’ausilio di matrici che rendevano possibile una produzione “in serie” ma personalizzabile con dettagli modellati a mano, le terrecotte votive, raffiguranti parti anatomiche o volti che introducono all’arte ritrattistica romana, e le terrecotte architettoniche, tegole, sime e antefisse che decoravano le coperture di edifici e templi.
In questo contesto, opera iconica del Museo nonché simbolo cittadino, è il gruppo fittile dei Cavalli alati, altorilievo del IV sec. a.C. raffigurante una coppia di cavalli alati trainanti una biga, purtroppo non conservata, nell’atto di spiccare il volo. La lastra era parte della decorazione frontonale del tempio dell’Ara della Regina i cui resti monumentali sono tuttora visibili sul pianoro della Civita, luogo della Città antica.