La sede centrale del Museo Civico di Acquapendente è ospitata nel Palazzo Vescovile. Conserva raccolte d’arte sacra diocesana provenienti dalla Cattedrale e dalle altre Chiese, dipinti e alcuni dei manufatti più pregevoli della ceramica medievale e rinascimentale.
Spiccano il busto marmoreo di Innocenzo X Pamphilj, dell’Algardi, un tempo nella Cattedrale; la pala d’altare di inizio 1500, “Cristo in pietà tra gli angeli” di Girolamo di Benvenuto, facente parte di un polittico oggi smembrato; l’affresco staccato raffigurante una Madonna in trono con Bambino tra cherubini, anticamente collocato nell’ospedale di Acquapendente.
La ceramica trecentesca aquesiana è rappresentata da alcuni dei pezzi più significativi provenienti dagli scavi condotti dalla Soprintendenza in collaborazione con il Gruppo Archeologico ArcheoAcquapendente. Scavi che hanno restituito una moltitudine di reperti, a testimonianza della ricca produzione locale.
Pregevole la brocca proveniente dai sotterranei della Chiesa di Sant’Agostino, indagati nel 1995, e risalente alla seconda metà del XIV secolo. Presenta un motivo ornamentale centrale, costituito da un falco in posizione laterale. Diverse brocche con motivi zoomorfi di questo tipo sono state rinvenute nel butto della fornace di Via del Papirio (figura 1).
Uno degli oggetti più pregiati esposti, esempio dell’elevatissimo livello artistico della ceramica arcaica aquesiana, è un grande catino, largo circa 40 cm, datato alla seconda metà del XIV secolo, anche questo proveniente dagli scavi di Sant’Agostino. Il catino raffigura una coppia affiancata da alcuni animali ed elementi vegetali. Al centro, appare una frase in italiano antico: “tolle questa frasca p(er) mio amore voleti direto p(er) testo serpente“, interpretata come un dialogo tra il cavaliere che porge dei fiori alla dama, la quale sembra respingere l’offerta, invitandolo a rivolgersi al serpente alle sue spalle. Le due figure umane sono entrambe riccamente abbigliate e sono accompagnate da un serpente e un pavone, animali dalla forte simbologia religiosa, variamente interpretate. L’unicità di questo oggetto è data dalla lunga iscrizione, dalla complessità della decorazione degli abiti e dalla eccezionale integrità (figura 2).
Il Quattrocento rappresenta per Acquapendente un secolo di stabilità. Uno degli esempi della raffinata produzione locale è il piatto graffito proveniente dagli scavi di Via Cantorrivo del 1994, risalente al XV secolo. Appartiene alla tipologia di graffito sotto vetrina, in cui i contorni delle figure sono graffite sull’ingobbio e riempite dal giallo ferraccia, dal manganese o dal verde ramina. Presenta una maestosa figura centrale di drago con le fauci spalancate nell’atto di lanciare fiamme e ali spiegate da pipistrello, circondato da alberi stilizzati e contornato da una decorazione a linea spezzata (figura 3).
È databile alla fine del XVI o agli inizi del XVII secolo, la grande brocca con cherubino proveniente dagli scavi di Via Rugarella, effettuati nel 2014. Con orlo trilobato, è decorata con un angioletto che occupa tutta la parte centrale, con aureola, panneggio sul collo e svolazzi sotto la figura. I colori della decorazione sono giallo, arancio, ocra, verde e marrone; sul bordo è presente un bollo plumbeo con una lettera V impressa, forse utilizzata per il vino (figure 4 e 4a).
Nel corso degli stessi scavi, è stato rinvenuto l’importante piatto che presenta un disegno centrale con l’iscrizione “IHS” e i chiodi della Passione entro cerchi concentrici. Lo stemma centrale rappresenta il trigramma di S. Bernardino “IHS”, con tre chiodi sottostanti, circondato da raggi sfolgoranti. Questo diventerà il simbolo dei Gesuiti a partire dal 1540, anno di fondazione dell’Ordine (figura 5).
Il Seicento è un altro secolo di grande produzione artistica ceramica ad Acquapendente. Si introducono nuove tipologie decorative, come i cosiddetti “Cappelloni”, piatti del diametro di circa 30 cm, senza tesa, in cui è rappresentata una figura molto spesso femminile, con indosso grossi cappelli, solitamente ritratta dalla vita in su con un abbigliamento sgargiante e importanti scollature. Questi piatti, realizzati talvolta in maniera sbrigativa, sono caratterizzati dall’uso del giallo, ocra e bruno per i tratti del viso e del cappello, e dal verde e celeste per i vestiti (figura 6).
Riproduzione delle immagini dei manufatti ceramici su concessione del MiC – Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale