La ceramica a Tarquinia

Storia

Sono antichissime le prime testimonianze della lavorazione della ceramica nel territorio di Tarquinia. Oggetti in ceramica d’impasto rinvenuti in alcune sepolture sono attribuibili alla cultura di Rinaldone e alla successiva Età del Bronzo (si fa riferimento, in particolare, ai siti a nord del fiume Marta). All’Età del Bronzo Finale appartengono il vaso di forma askoide e quello biconico, conservati al Museo Archeologico Nazionale.

Manufatti di tipo Protovillanoviano sono stati ritrovati intorno a Pian di Civita, vasto pianoro sul quale sorse la potente Città etrusca di Tarchna, a pochi chilometri dall’odierna Tarquinia.

Le necropoli della prima metà del IX sec. a.C. ci hanno restituito corredi in cui compaiono il tipico vaso biconico (figura 1), coperto da un elmo per l’uomo e da una ciotola per la donna, e l’urna a forma di capanna (figura 2), contenenti le ceneri dei defunti.

Figura 1

Cultura villanoviana, vaso biconico. IX sec. a.C.

Figura 2

Urna cineraria a forma di capanna. IX sec. a.C.

Dalla fine del IX – inizio dell’VIII secolo a.C., con l’infittirsi degli scambi a medio e lungo raggio e di elementi indicativi dell’affermarsi di una preminenza culturale (e politico-economica) di Tarquinia, si assiste al peculiare sviluppo della ceramica Villanoviana di colore bruno scuro, ornata con motivi geometrici incisi, lavorata a colombino o al tornio lento.

Nell’VIII sec. a.C., si afferma la ceramica dipinta etrusco-geometrica, di colore chiaro, con decorazioni in rosso ossido tendente al bruno. I manufatti – anforette, oinochoi, olpe, piatti e piattelli in prevalenza -, realizzati con terra depurata al tornio veloce, presentano motivi lineari, cerchi concentrici, ovali collegati fra loro con linee a forma di “S”, elementi figurativi come pesci, uccelli, qualche quadrupede e, più rare, figure umane. Si diffonde, nell’ultimo quarto del secolo, l’uso del cratere, contenitore usato per miscelare vino e acqua.

Con il passaggio alla fase cosiddetta Orientalizzante, la ceramica fiorisce in ragione di intense relazioni, commerciali e culturali, prevalentemente legate all’ambiente del Mediterraneo Orientale. Forti si mostrano i legami con l’area coloniale campana (greca), crocevia di interscambio essenziale per gli influssi euboici, fenicio-ciprioti, corinzi e attici che vivificano, e modificano, il tessuto sociale e produttivo locale.

È, questo, il momento di nuove e vincenti produzioni, come il bucchero (figure 3 e 4), ceramica di colore nero (la coloritura è data dalla cottura in assenza di ossigeno) considerata il “fossile guida” per comprendere la diffusione internazionale delle produzioni etrusche. Le forme più documentate sono attinenti al simposio: oinochai, kantharoi, kylikes e kyatoi.

Figura 3

Manufatti in bucchero

Figura 4

Manufatti in bucchero

L’Orientalizzante è l’epoca nella quale la tradizione pone l’arrivo a Tarquinia di Demarato, ricco commerciante di Corinto, arricchitosi con i frequenti scambi commerciali tra la Grecia e l’Etruria, costretto, per ragioni politiche, ad abbandonare la patria con il suo seguito di valenti artigiani, cui gli Etruschi devono la trasmissione di diverse arti, prima tra tutte la coroplastica. Di grande pregio è la manifattura etrusco-corinzia (figura 5), che si sviluppa grazie ai contatti culturali con il mondo ellenico.

La conoscenza delle tecniche dei greci, presumibilmente attraverso artigiani immigrati, consente una migliore depurazione dei materiali di partenza, l’uso del tornio veloce e il controllo della cottura. Il colore è chiaro, le decorazioni, in bruno tendente al nero, sono di tipo zoomorfo: papere, pantere, leoni, cervi e gufi, intercalati da rosette e macchie dipinte e incise, spesso a più ordini di figure. Forme consuete sono le olpai e le oinochoai.

Figura 5

Ceramica etrusco-corinzia

Figura 6

Ceramica etrusco-corinzia

Un ruolo importante, lo gioca il porto di Gravisca, che, sorto sulla costa tarquiniese tra l’età Orientalizzante e l’arcaica, con il suo santuario emporico, è aperto alla presenza di artigiani e artisti greci. Si producono ceramiche di alta qualità e si introducono nuove formule decorative. Come la pittura funeraria etrusca, che vivrà, fra il VI e il III secolo a.C., una eccezionale stagione artistica, tanto che nel 2004 la necropoli di Monterozzi (lungo colle, questo, che divide Pian di Civita dalla costa), famosa, appunto, per le tombe dipinte, sarà iscritta nella lista Unesco. I pittori che affrescano le tombe ipogee si adoperano spesso nel decorare le ceramiche prodotte nelle botteghe.

È datato al IV sec. a.C. il frontone dell’Ara della Regina – tempio edificato nell’area di Pian di Civita -, decorato con i Cavalli alati (figura 6), mirabile placca in terracotta ad altorilievo: un capolavoro della coroplastica tarquiniese.

Tarquinia assume un ruolo da protagonista nello scontro tra le Città etrusche e Roma, ma nella prima metà del III sec. viene definitivamente sconfitta.

In campo ceramico, la produzione di sarcofagi e di ceramiche sovradipinte in rosso lascia ben presto spazio a una produzione di materiali di uso comune, che proseguirà nel tempo, volta essenzialmente a soddisfare le esigenze locali.

Figura 7

I Cavalli alati

Figura 8

Sarcofago in terracotta

Nel corso del ‘700, esplode l’attrazione verso il mondo gli Etruschi (Etruscheria). Le notizie sulle “grotte” cornetane fanno affluire a Tarquinia appassionati cultori di antichità e viaggiatori.

Si prepara una grande stagione di scavi, che farà scattare l’interesse per la creazione di ceramiche di imitazione etrusca e greca. In questa attività, si distingue, nella seconda metà dell’800, Antonio Scappini, le cui riproduzioni sono acquistate da prestigiosi Musei nazionali e internazionali, oltre che da collezionisti.

Dagli anni ‘50 del ‘900, la forte domanda di oggetti di imitazione etrusca spinge il fiorire di laboratori artigiani i cui prodotti raggiungono livelli di qualità tali “da indurre alla tentazione della contraffazione”. All’inizio degli anni ’70 risale l’incontro tra alcuni ceramisti tarquiniese e il grande artista cileno Robert Sebastian Matta: si instaura una collaborazione feconda, che approda all’esperienza dell’Etrusculudens. Un clima culturale in cui matura un lavoro di ricerca e di sperimentazione destinato a lasciare una forte impronta nella ceramica contemporanea.

 

 

 

Dal Rapporto Storico – Culturale del Comune di Tarquinia sulla Ceramica. Collaborazione: Massimo Luccioli

Foto realizzate su concessione del Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia


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